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Thuram: “Papà non voleva giocassi dietro, nel riscaldamento a Napoli ho sbagliato molti tiri, Acerbi è incredibile”
L’attaccante francese ha descritto alcune particolarità dei suoi primi mesi nerazzurri.
Marcus Thuram è stato intervistato nell’ambito del Frog Talks, il podcast di Andrea Ranocchia; ecco le sue parole. “La prima volta che ho visto San Siro era vuoto, per fortuna, perché sarebbe stato difficilissimo. Quando ho giocato col Monza con il pubblico, è stato pazzesco“.
L’aneddoto
“Prima della partita col Napoli ho tentato sei-sette tiri tutti fuori, ma tanto fuori. Poi sono entrato negli spogliatoi mi sono calmato e sono entrato tranquillo in campo. Il difensore è un ruolo difficile perché puoi fare bene dieci partite e poi sbagli una cosa e arriva un gol. Mio padre non voleva giocassi dietro. Papà mi racconta che era alla Juve e giocava contro il Real di Ronaldo. Puntò mio padre e Cannavaro, superò entrambi e papà chiedeva a Cannavaro come mai non l’avesse coperto. Ma ero in copertura, gli ha risposto Fabio. Ronaldo era troppo forte“.
Come lo affrontano i difensori
“I difensori con gli attaccanti veloci fanno l’errore di prendersi 1 metro, così si fanno puntare e indietreggiano. Un giocatore che fa qualcosa di incredibile è Ace, che conoscevo ma oggi conosco meglio, quando mi giro lui ha sempre l’attaccante in mano, se gli sta vicino non può mai mettersi a correre“.
Il gruppo Inter
“Siamo un bel gruppo e si vede da fuori? Abbiamo più o meno tutti la stessa età, ci alziamo tutti, anche la panchina ad esultare, siamo un bel gruppo. Il meglio vestito è Darmian. Calha ha un bel stile, Arnautovic a volte, quando vuole. Il peggiore… sono tanti. Bastoni a volte è tamarro, da morire, sembra lo faccia a posta, sembra che si metta a caso la prima cosa che trova e viene. Poi Cuadrado, a volte certe scarpe… Sensi si veste bene. Bastoni invece proprio non se ne frega… Il primo con cui mi sono trovato davvero bene è Dimash, lui fa morire dal ridere, ma anche con Calha e Arna, oltre al gruppo di Basto e Bare, ma comunque tutti, davvero con tutti. I momenti che vivi col gruppo sono momenti che non vivi mai allo stesso modo, è come essere in famiglia. Giocare ogni tre giorni aiuta molto perché resti sempre concentrato sulla partita dopo, non hai tempo di pensare alla partita di prima perché ne arriva subito un’altra“.
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