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San Siro, lo stadio del futuro: una rivoluzione che fa discutere per esclusioni che scontentano

Il progetto del nuovo stadio di Milano solleva polemiche: tra esclusioni e riserve, il futuro impianto rischia di allontanare i veri tifosi.
Il futuro stadio di Milano, destinato ad ospitare le gare di Inter e Milan, sta sollevando non poche polemiche riguardo alla sua accessibilità. Secondo quanto riportato da Tuttosport, il progetto prevede un impianto da 71.000 posti, con una netta divisione tra i settori destinati agli appassionati di calcio e quelli destinati a una clientela di alto profilo. Paolo Scaroni, presidente del Milan, ha confermato che circa 9.000 posti saranno riservati a clienti “premium”, un termine “clienti” che sta facendo molto discutere. L’intento sembra essere quello di trasformare lo stadio in un luogo esclusivo, più simile a un salotto aziendale che a un impianto sportivo tradizionale.
Un modello incentrato sul business
La trasformazione dello stadio in un polo di business sembra essere ormai una necessità, anche se non priva di critiche. La decisione di riservare una parte significativa dei posti a una clientela selezionata sembra riflettere una visione più commerciale che sportiva. Con circa il 10% dei posti dedicati a clienti premium, la realtà sta cambiando, e lo stadio potrebbe perdere quella sua dimensione popolare che ne ha fatto per decenni un simbolo della passione calcistica. Le due squadre di Milano, infatti, puntano a ridurre il gap economico che le separa dai top club europei (che anch’essi fanno così), ma lo fanno a scapito dei tifosi “normali”, destinati a vedere ridursi il numero di posti disponibili per il pubblico generale.
L’impianto che sfida la tradizione
Se tutto andrà secondo i piani, il nuovo stadio di Milano potrebbe aprire nel 2030. La struttura, come confermato dal presidente rossonero, sarà decisamente diversa da quella del vecchio San Siro. Se da una parte la necessità di aumentare i ricavi è comprensibile, dall’altra la mossa di riservare la maggior parte dei posti a una clientela esclusiva solleva dubbi sulla capacità dell’impianto di restare legato alla tradizione popolare del calcio. La vera domanda è: come reagiranno i tifosi, che rischiano di sentirsi sempre più estranei al loro stadio?

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