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Inter: l’amara verità di Stramaccioni
L’allenatore e commentatore sportivo Andrea Stramaccioni analizza il rapporto del calcio italiano con i giovani.
Andrea Stramaccioni durante l’evento Calcio e futuro, prospettive di sviluppo e formazione del calcio giovanile tenutosi a Milano è tornato sulla sua esperienza da allenatore della Primavera e della Prima Squadra dell’Inter.
“Credo di aver avuto la fortuna di aver lavorato per due dei più grandi settori giovanili italiani, e forse anche d’Europa“.
I giovani ci sono
“Squadre che hanno creduto nei propri giovani perché il settore giovanile della Roma di Bruno Conti e dell’Inter di Roberto Samaden, e non lo dico perché è qui ma perché lo fanno i numeri, credevano veramente in ciò che facevano e hanno portato tantissimi giocatori in Serie A che tutt’ora giocano in Serie A, anche alle volte con percorsi particolari. Ho fatto l’Europeo con l’Italia e c’erano quattro giocatori di quel settore giovanile della Roma e di quelli soltanto uno è ancora alla Roma, Lorenzo Pellegrini, perché Scamacca, Frattesi e Calafiori non erano stati profeti in patria, però per me sono sempre usciti dall’hangar di Trigoria, per non parlare di quelli dell’Inter”.
Differenze tra Italia ed estero
“Se io sono arrivato in Serie A lo devo al settore giovanile, alla fiducia del presidente Moratti ma anche ai giocatori che ho allenato come Chivu, che mi hanno ritenuto pronto nonostante avessi fatto solo un percorso di settore giovanile e dopo le mie esperienze italiane ho girato tanto e all’estero la prospettiva, dico ahimè, diversa. Il giovane ha una corsia preferenziale. Un po’ voglio portare alla luce un cambio generazionale che purtroppo c’è”.
La differenza tra Primavera e Prima Squadra
“Ma allo stesso tempo, io sono stato l’allenatore testimone vivente di una squadra, dell’Inter, che ha vinto una Champions League giovanile e il giorno dopo non c’era un solo giocatore pronto per la Serie A. Il 2-3 aprile abbiamo vinto contro l’Ajax in finale che avevano tanti giocatori pronti che anche giocavano in prima squadra, abbiamo battuto Tottenham, Harry Kane, Sterling, Liverpool… E praticamente io, lo stesso allenatore, con i miei ragazzi dell’Inter (in Prima Squadra, ndr), con Chivu, Milito, Cambiasso, Zanetti facevo fatica e li lasciavo in panchina. Ma ero sempre io, a volte si dice che l’allenatore della prima squadra non li vede, ma in quel caso ero sempre io. Questo perché? Perché il gap tra la Serie A e la nostra Primavera era enorme a livello proprio di preparazione“.
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