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Inchiesta ultras: spuntano fuori altre intimidazioni all’Inter
Non sono ancora uscite tutte le novità inerenti all’inchiesta che ha portato all’arresto di 19 persone appartenenti alle curve nerazzurra e rossonera.
Il caso che coinvolge l’ex capo ultrà dell’Inter, Boiocchi, e la dirigenza del club milanese apre una finestra su una realtà complessa, dove il calore dei tifosi può trasformarsi in richieste intrise di minaccia.
Sprofondando nell’inchiesta che mette a nudo alcune dinamiche oscure, emergono dettagli e dialoghi che gettano ombre sul rapporto tra alcuni segmenti del tifo organizzato e le società calcistiche.
La scoperta
Dagli atti si apprende tutta una serie di procedure che precedono l’ufficializzazione dei trasferimenti dei giocatori all’Inter. Emerge una pratica consolidata per cui i capi ultrà, tra cui Boiocchi, si recavano al Coni per accogliere i nuovi arrivi che dovevano sostenere le visite mediche di rito. Questo rituale, documentato anche da foto come quella che vede Boiocchi al fianco di Lukaku, testimonia una tradizione di accoglienza che però, talvolta, sconfina nel tentativo di esercitare un controllo indesiderato sugli affari interni del club.
La ricostruzione
L’accesa tensione tra Boiocchi e la dirigenza dell’Inter viene alla luce attraverso intercettazioni che rivelano un confronto dai toni decisamente minacciosi. Boiocchi, non avendo ricevuto informazioni sull’arrivo di nuovi giocatori, si confronta con Claudio Sala, incaricato della sicurezza della squadra, esprimendo in termini poco equivocabili il suo disappunto.
L’escalation
La natura della conversazione, che da un semplice scambio di vedute degenera: il collaboratore dell’Inter afferma in maniera convinta di non poter divulgare l’orario di arrivo dei calciatori.
La reazione dell’ultras
Dall’altra parte si arriva ad una vera e propria minaccia di “prendersi per forza” ciò che si ritiene dovuto.
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