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Il più grande spreco del calcio: la confessione di Adriano svela il lato oscuro della sua vita
L’ex attaccante brasiliano si apre a 360 gradi e racconta tutto quanto successo durante la sua esperienza in nerazzurro.
Adriano come non l’avete mai visto: la lunga lettera aperta scritta dal brasiliano in persona e pubblicata da The Player’s Tribune fa luce sui suoi tanti tormenti. “Non faccio uso di droghe, anche se provano a dimostrarlo”.
“Non sono un criminale, però certo, avrei potuto esserlo. Non mi piace fare serata. Vado sempre allo stesso posto, il chiosco di Naná. Se vuoi trovarmi, passa di là”.
La sua vita
“Sì, bevo tutti i giorni, spesso anche nei giorni in cui non bevo. Perché una persona come me arriva a bere quasi tutti i giorni? Non mi piace dare spiegazioni agli altri. Ma eccone una. Perché non è facile essere una promessa rimasta incompiuta. Soprattutto alla mia età”.
La decisione di lasciare il calcio
“Tanta gente non ha capito perché ho abbandonato la gloria dei campi per restare qui seduto a bere, come se fossi apparentemente alla deriva. Perché a un certo punto ho voluto così, ed è una decisione difficile da tornare indietro”.
La morte del padre
“La sua morte ha cambiato la mia vita per sempre. Ancora oggi è una cosa che non sono riuscito a superare”.
L’arrivo in Europa e all’Inter
“Era quello che avevo sognato per tutta la vita. Dio mi aveva dato l’opportunità di diventare calciatore in Europa. La vita della mia famiglia è migliorata molto grazie alla mia fatica ma non per questo mi è passata la tristezza”.
La fuga
“Quando sono “scappato” dall’Inter e me ne sono andato dall’Italia, sono venuto a nascondermi qui. Ho girato tutto il complesso per tre giorni. Nessuno mi ha trovato. È impossibile. È la regola numero uno della favela. Zitto e mosca. Mi hanno criticato un sacco per questo. Che ti piaccia o no, era l’indipendenza di cui avevo bisogno. Non ce la facevo più in Italia, appena uscivo di casa dovevo guardarmi attorno e controllare chi c’era, dove stavano le telecamere, chi si avvicinava, se era un giornalista, un furbo, un truffatore, o chissà quale altro rompiscatole”.
Le ragioni
“Non capivano perché fossi tornato in favela. Non era per l’alcol, né per le donne, tanto meno per la droga. Era per la libertà. Era perché volevo un po’ di pace. Volevo vivere. Avevo bisogno del mio spazio, di fare quello che volevo fare“.
L’ammissione
“Il più grande spreco del calcio: io. Mi piace questa parola, spreco. Non solo perché suona bene, ma perché mi piace un sacco sprecare la vita. Sto bene così, in un frenetico spreco. Mi piace questo stigma”.
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