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Duro affondo sull’Inter di Inzaghi

Arrigo Sacchi prende posizione con dichiarazioni molto nette sull’esperienza di Simone Inzaghi all’Inter e sulla scelta dell’allenatore per il futuro.
Simone Inzaghi ha deciso di interrompere la sua avventura all’Inter dopo quattro stagioni accettando un’offerta proveniente dall’Arabia Saudita. Una scelta che ha sorpreso solo in parte il mondo nerazzurro, soprattutto per il tempismo con cui è arrivata. La squadra è infatti reduce dalla dolorosa sconfitta subita contro il Paris Saint Germain, che ha lasciato scorie nell’ambiente e ha contribuito a generare una certa instabilità. La notizia dell’addio, pur nell’aria, è diventata concreta negli ultimi giorni, chiudendo un capitolo importante per la società. La dirigenza ora sta lavorando alacremente per trovare il sostituto in tempi rapidi.
Quattro anni tra successi e limiti
Durante la sua permanenza sulla panchina interista, Inzaghi ha ottenuto risultati significativi in Italia e in Europa, ma con esiti contrastanti. In campionato ha vinto uno scudetto, pur avendo a disposizione una rosa considerata da molti la più competitiva del torneo per qualità e profondità. In ambito europeo ha centrato due finali di Champions League, senza però riuscire a sollevare il trofeo. Il cammino è stato segnato da momenti di crescita personale e professionale, ma anche da occasioni mancate. Il tecnico ha cercato un’evoluzione del suo stile, cercando di conciliare il pragmatismo italiano con un approccio più offensivo.
Sacchi giudica duramente il bilancio
Arrigo Sacchi, in un’intervista concessa alla Gazzetta dello Sport, ha espresso forti perplessità sul percorso di Inzaghi e sul modo in cui ha lasciato il club. L’ex commissario tecnico ha sottolineato come l’Inter gli abbia dato molto, anche in termini di visibilità internazionale, arrivando a giocare due finali di Champions. Secondo Sacchi, il bilancio non può essere ritenuto positivo: un solo scudetto in quattro stagioni, nonostante l’elevato valore della rosa. Ha aggiunto che a Inzaghi è mancato il coraggio di completare la transizione verso un calcio moderno, definendolo un allenatore che ha tentato di innovare ma si è fermato a metà strada. Anche nei momenti decisivi, ha scelto l’approccio più conservativo.
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